Lu scijone (la tromba marina)
Le trombe marine erano molto temute dai pescatori delle paranze (barche). Quando si formavano all’orizzonte bisognava prepararsi al peggio. Si faceva di tutto per evitarle ma non sempre era possibile.
I sistemi per scongiurare gli scijoni erano diversi da spiaggia a spiaggia. Ma tutti comunque erano basati sulla credenza che bastava toccare con un ferro acuminato lo scijone perché questo venisse “liberato”.
Anche la sola rappresentazione figurata del “taglio” era sufficiente allo scopo.
II sistema più utilizzato era quello di tracciare sulla poppa della barca, o solo idealmente in aria, in direzione dello scijone, una stella a cinque punte, rappresentazione simbolica di un corpo umano con la testa, braccia e gambe. Era indispensabile allo scopo un coltello magico, dal manico nero, il “coltello di San Liborio”.
Mentre il coltello lentamente tracciava il segno, il marinaio addetto alla pratica, recitava lo scongiuro, sempre “rinnovato” la notte di Natale:
Ggesù, Ggiuseppe e Mmariije,
brutte téembe me véte menije
(Gesù, Giuseppe e Maria,
brutto tempo vedo arrivare)
Spesso l’invocazione era rivolta al Santo protettore del paese e proseguiva con una colorita descrizione in versi dell’evento da scongiurare. Infine, terminava con la raccomandazione di dirigere lo scijone in una valle oscura.
Addò n ‘zvaite né sòle né lìune
(Dove non arrivano
né la luce del sole né quella della luna)
o in una fossa in fondo al mare
Addò ni ‘nge stanne no vvariche e no nnave!
(Dove non navigano né barche né navi)
Vicce, vicce, Madonne di la Pànne,
squajje ‘ssa nivile e ‘ssu mualànne!
(Vieni, vieni Madonna della Penna,
disperdi questa nuvola e i danni che provoca)
La parte importante minante dello scongiuro, dove la credibilità e l’efficacia del magaro venivano messi in gioco, era comunque il lancio del coltello all’interno della stella.
Condizione fondamentale perché lo scijone si squagliasse definitivamente era la precisione del lancio; se il coltello colpiva il centro, lo scijoneera definitivamente “libero”, in caso contrario poteva di nuovo tornare.
Lu scijone per la tradizione dei pescatori di Ortona
L’economia ortonese si è sempre basata sul mare e la campagna, perciò il popolo si preoccupava moltissimo di allontanare le infauste conseguenze di uragani e fortunali con scongiuri e riti.
Lu scijone era il temporale improvviso con forte vento molto temuto dai marinai che lo identificavano con il demonio. Per esorcizzare il pericolo il cerimoniale a bordo prevedeva che lu parone gne lu curtelle di sande Llibborije (il padrone con il coltello di San Liborio) tracciasse dei segni in aria a fendere le nubi pronunciando uno scongiuro:
Dommene Ddijje e San Tumasse tenète lundène satanasse….. mo mannètel’ a nu fonne de mère andò nijende po fè mèle.(Domine Iddio e San Tommaso tenete lontano Satana , adesso mandatelo in fondo al mare dove non può fare niente di male)
Dopo, il coltello veniva lanciato in aria: se raggiungeva (idealmente) il centro , lu scijone ze squajjeve ( il fortunale si sarebbe dissolto) altrimenti sarebbe tornato di li a poco
Li Scijjone, I Sifoni, sono demoni in sembianze di uomo o donna, venuti al mondo la notte di Natale e solo per esercitare malefici prendendo la forma di temporali improvvisi.